Ogni settimana viene scelta una immagine realizzata da uno dei nostri associati. L’immagine è accompagnata dalla descrizione del tipo di soggetto e le sue caratteristiche e, inoltre, vengono riportati i dettagli di ripresa (tipo di strumentazione impiegata, n° di pose, ecc.).
L’immagine proposta questa settimana è un resto di Supernova, la nebulosa M1, realizzata da Vittorio Liberti.
Ecco uno degli oggetti più iconici del cielo notturno: La nebulosa Granchio (M1 o NGC1952), nella costellazione del Toro, esattamente sopra Orione, un resto di Supernova!
Immaginate di tornare indietro di quasi mille anni, precisamente al 4 luglio 1054. Gli astronomi cinesi, con occhi sgranati, osservarono un evento straordinario: una stella luminosissima, così brillante da essere visibile anche di giorno per ben 23 giorni! Questo fenomeno, che oggi sappiamo essere stata un’esplosione di supernova, fu registrato nei loro annali.
Sebbene non siano state trovate testimonianze dirette come quelle cinesi, che contengono date precise e descrizioni dettagliate dell’evento, gli astronomi arabi hanno sicuramente osservato la supernova. Le ragioni per cui le loro testimonianze potrebbero essere meno dettagliate rispetto a quelle cinesi sono molteplici
E gli astronomi europei??? Possibile che per quasi un mese in Europa il meteo sia stato sempre nuvoloso da Nord a Sud e, quindi, nessuno abbia osservato quell’esplosione? Purtroppo non abbiamo una risposta a tale domanda ma possiamo solo fare qualche ipotesi. Una ragione potrebbe essere che, considerato il periodo storico, le osservazioni astronomiche fossero state messe in secondo piano. Un’altra ragione potrebbe invece essere legata a motivi religiosi e filosofici. L’assenza di registrazioni sistematiche dell’esplosione della supernova in Europa non significa necessariamente che l’evento sia stato però ignorato o era assolutamente contro i dogmi religiosi (che prevedevano l’immutabilità del cielo e una “nuova” stella andava forse in contrasto con tale dogma…ma è solo un’ipotesi).
La stella che ha dato origine a M1, dopo aver consumato tutto il suo combustibile nucleare, collassò su se stessa in una catastrofica esplosione. L’onda d’urto provocata da questo evento spaventoso eiettò verso l’esterno gran parte della materia costituente i vari strati della stella creando così una nebulosa in espansione: la Nebulosa Granchio (chiamata così perché le prime rappresentazioni artistiche la facevano somigliare al carapace di un granchio…nome che è poi rimasto).
Di che tipologia di stella si trattava? Sicuramente una stella MOLTO più massiccia del Sole, almeno 8 masse solari!
Oggi, la Nebulosa del Granchio è uno degli oggetti più studiati dagli astronomi di tutto il mondo. La sua forma irregolare e i filamenti luminosi che la compongono la rendono un’opera d’arte cosmica unica nel suo genere.
L’immagine è una testimonianza tangibile di un evento cosmico avvenuto quasi mille anni fa. È un modo per connettersi con il passato e per apprezzare la vastità e la bellezza dell’universo.
Il diametro della Nebulosa del Granchio è in continua espansione a causa dell’energia dell’esplosione iniziale. Attualmente si stima che abbia un diametro di circa 10 anni luce e i gas e le polveri che costituiscono la nebulosa si stanno allontanando dal centro a una velocità di circa 1.500 km/s, continuando a farla espandere.
La nebulosa è composta principalmente da idrogeno, con tracce di elio, carbonio, ossigeno e altri elementi più pesanti prodotti durante l’esplosione della stella originaria.
La pulsar al centro di M1 è famosa per la sua rapidità di rotazione. Il suo periodo, ovvero il tempo che impiega a compiere un giro completo su se stessa, è di circa 33 millisecondi. Questo significa che ruota più di 30 volte al secondo emettendo potenti impulsi di radiazione soprattutto nelle frequenze radio che vengono “raccolti” dai radiotelescopi terrestri.
La Nebulosa Granchio è stata osservata per la prima volta nel 1731 dal britannico John Bevis, ma fu Charles Messier a catalogarla nel 1758.
Le pulsar furono scoperte nel 1967 da Jocelyn Bell, una studentessa di dottorato, mentre stava utilizzando un radiotelescopio. Inizialmente, si pensò che questi segnali potessero essere di origine extraterrestre, tanto da essere soprannominati “Little Green Men”. Per tale scoperta il suo professore, Antony Hewish, ottenne il premio Nobel nel 1974…ma questa è un’altra storia!
Nel 1968, si scoprì che una delle pulsar scoperte, quella situata nella direzione della Nebulosa Granchio, era strettamente associata a questo oggetto. Questa scoperta fornì la prova definitiva che le pulsar erano stelle di neutroni, i residui estremamente densi del nucleo di una stella massiccia esplosa in supernova.
La massa della pulsar di M1 è stimata essere tra 1,5 e 2 masse solari, dovete quindi immaginare il nostro Sole (che ha un diametro di circa 1.400.000 Km), moltiplicarlo per 2 e poi il tutto comprimerlo in una sfera di circa 20 km di diametro. Così facendo la materia è così “compressa” che 1 cm3 di quella materia pesa quasi 200.000.000 di tonnellate (per fare un confronto, la densità media della Terra è di circa 5,5 gr/cm3). Lo stadio successivo alla stella di Neutroni rimane il Buco Nero (per formare il quale occorrono residui stellari ancora più massicci o la fusione di due stelle di neutroni).
Le stelle di neutroni li reputo tra gli oggetti più estremi ed affascinanti dell’universo.
Le riprese hanno richiesto circa 30 ore in varie bande di frequenza [7 filtri: L, R, G, B (banda larga) e Ha, OIII e SII (banda stretta)].
L’immagine è una somma al 50% di due immagini in Banda Larga e in Banda Stretta (ma con stelle puramente RGB per una questione estetica), l’aggiunta della banda stretta rende l’immagine un po’ “psichedelica”.